Museo Ferrara
cliente
Ministero dei Beni Culturali
programma
museo nazionale dell’ebraismo
concorso
settembre 2010
progetto architettonico
Andrea Maffei Architects
coordinamento
Andrea Maffei, Takeshi Miura, Pietro Bertozzi
design team
Alessandra De Stefani, Chiara Zandri, Higaki Seisuke, Atsuko Suzuki, Carlotta Maranesi, Vincenzo Carapellese
progetto strutture
Aldo Bottini, Sergio Sgambati, Alessandra Izzo, Gianni Bovi / Bms Progetti
progetto impianti
Manuele Petranelli / Spring srl, Enzo Giusti, Andrea Giusti / studio Giusti
coordinamento sicurezza
Enrico Bianchini / B-Sign
giovane professionista
Pietro Bertozzi
Consulenti
Rav Alberto Sermoneta, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Bologna, esperto di ebraismo | Andreè Ruth Shammah, regista direttore del Teatro Franco Parenti di Milano, esperta di ebraismo | arch. Antonio Godoli, Museo degli Uffizi di Firenze, esperto di allestimento museografico | arch. Paola Rotondi, esperto di restauro degli edifici
Superficie lorda costruita
9.156 smq
Superficie coperta
2.076,3 smq
Altezza massima
20 m
cliente
Ministero dei Beni Culturali
programma
museo nazionale dell’ebraismo
concorso
settembre 2010
progetto architettonico
Andrea Maffei Architects
coordinamento
Andrea Maffei, Takeshi Miura, Pietro Bertozzi
design team
Alessandra De Stefani, Chiara Zandri, Higaki Seisuke, Atsuko Suzuki, Carlotta Maranesi, Vincenzo Carapellese
progetto strutture
Aldo Bottini, Sergio Sgambati, Alessandra Izzo, Gianni Bovi / Bms Progetti
progetto impianti
Manuele Petranelli / Spring srl, Enzo Giusti, Andrea Giusti / studio Giusti
coordinamento sicurezza
Enrico Bianchini / B-Sign
giovane professionista
Pietro Bertozzi
Consulenti
Rav Alberto Sermoneta, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Bologna, esperto di ebraismo | Andreè Ruth Shammah, regista direttore del Teatro Franco Parenti di Milano, esperta di ebraismo | arch. Antonio Godoli, Museo degli Uffizi di Firenze, esperto di allestimento museografico | arch. Paola Rotondi, esperto di restauro degli edifici
Superficie lorda costruita
9.156 smq
Superficie coperta
2.076,3 smq
Altezza massima
20 m
nessun link al momento
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nessuna pubblicazione al momento
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Il museo della parola
IL MUSEO DELLA PAROLA. Il progetto si è posto l’obiettivo di creare un museo della cultura ebraica non incentrato solo sulla drammaticità della Shoah, ma soprattutto su uno spazio espositivo vivace e coinvolgente, che attirasse il visitatore a conoscere e sperimentare il fascino, la bellezza e la tradizione della cultura ebraica sviluppatasi da 5771 anni fa. Alcuni tra i maggiori artisti della storia (da Chagall a Man Ray, da Lichtenstein a Sol LeWitt) sono di origine ebraica, così come alcuni tra i maggiori scrittori (Franz Kafka), registi (Steven Spielberg, Roman Polansky) e quindi questo museo, tra gli spazi permanenti e quelli temporanei potrà ospitare vivaci mostre ed avvenimenti in grado di attirare grandi masse di visitatori, come accade oggi nei musei di Venezia, Firenze e Roma.
Un progetto composto da sistemi indipendenti. Innanzitutto il progetto non ha voluto sviluppare il museo come un edificio chiuso a cui bisogna accedere solo attraverso un ingresso principale. Il progetto prevede la conservazione ed il restauro del corpo C, come richiesto dal bando di concorso e specificato dal documento DIP, la sostituzione dell’edificio B con un altro di nuova costruzione e la costruzione di un nuovo volume lungo Via Rampari S.Paolo. Il Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah di Ferrara nella sua complessità risulta così costituito dall’insieme di tre volumi di cui due di nuova costruzione e uno frutto del restauro delle vecchie carceri. L’obiettivo è stato di aprire il progetto alla città e di permettere di utilizzarlo ogni giorno in vario modo, non soltanto per vedere tutto il museo, ovvero: 1. Visitare il parco A questo scopo le mura perimetrali sono state aperte lateralmente, sul fronte principale e le fasce verdi laterali sono state fuse con le ex-carceri per far nascere un nuovo parco urbano che i cittadini di Ferrara e i visitatori potranno utilizzare in qualsiasi momento della giornata per fare una passeggiata, anche senza visitare il museo. Ciò trasformerà il museo in un ambiente urbano utilizzato quotidianamente dai cittadini e li avvicinerà con interesse e curiosità alla cultura ebraica. Dal momento che i ferraresi fanno grande utilizzo della bicicletta per muoversi, sono state previste due piste ciclabili per attraversare l’area da via Piangipane a via Rampari. 2. Conferenze I passaggi sull’acqua previsti nel parco consentono di accedere in modo indipendente a vari punti del progetto. Il nuovo volume B contiene la sala congressi al piano terra e vi si può accedere direttamente dal parco solo per sentire una conferenza senza entrare nel museo.
3. Ristorante Il ristorante è stato posto sopra il volume di ingresso da via Rampari in modo da essere accessibile anche quando il museo è chiuso fino a tarda sera per cene e ricevimenti. 4. Biblioteca La biblioteca del centro di cultura ebraica è accessibile direttamente dall’ingresso da via Rampari e consentirà a studiosi e ricercatori di accedervi direttamente, senza passare nel percorso espositivo ai piani superiori. 5. Mostre temporanee Il nuovo volume B contiene le mostre temporanee all’ultimo piano e vi si può accedere direttamente dal parco per visitare solo la mostra temporanea e non tutto il percorso espositivo. 6. Il Museo La visita completa di tutto il museo avviene dall’ingresso da via Rampari S.Paolo, come a seguito descritto.
Questa flessibilità di utilizzo deriva dall’apertura del museo al contesto intorno e consentirà di vivere l’impianto in vario modo senza vincoli monofunzionali. Ciò consentirà anche di far svolgere varie attività contemporaneamente, per es. una conferenza, senza disturbarsi a vicenda.
Il MUSEO DELLA PAROLA I volumi e le forme nuove di questo progetto prendono forma dalla profonda ricerca condotta sull’alfabeto ebraico e sulla cabala, partendo dal concetto che secondo la cabala ebraica il mondo è stato costruito con i 32 Sephiroth, cioè le 22 lettere dell’alfabeto e i 10 numeri. La cultura ebraica non utilizza la rappresentazione figurativa nell’arte perché costituirebbe idolatria e quindi le forme e le immagini della tradizione ebraica si concretizzano da generazioni principalmente nelle lettere dell’alfabeto. Il progetto ha scelto allora di svilupparsi interpretando nei due nuovi volumi le seguenti lettere dell’alfabeto ebraico: la lettera מ (MÊM da cui si ricava la parola “ACQUA”) e la lettera ד (DÀLET da cui si ricava la parola “PORTA”).
La MÊM La lettera מ è la tredicesima lettera dell’ alfabeto ebraico. Con una MÊM inizia il termine màyim, e pertanto questa lettera simboleggia tutto quello che con l’acqua è connesso: i quaranta gironi del diluvio universale, il fiume, il fiume sotterraneo. Ci richiama anche il versetto: “E lo spirito divino aleggiava sulla superficie di tutte le acque” (Bereshìt,1.2). Non per nulla la forma stessa di questa lettera riecheggia il carattere tondeggiante dell’acqua. Il nuovo volume B è stato progettato riprendendo l’andamento della lettera MÊM. Il suo andamento si è tradotto in un volume asimmetrico, caratterizzato da un grande open space centrale per l’esposizione museale e da una lunga rampa curvilinea perimetrale che accompagna il flusso dei visitatori ai vari livelli del museo. Il percorso del museo si trasforma dal secondo piano in una spirale discendente verso la sala conferenze al piano terra. L’appendice a sinistra del carattere MÊM è stata tradotta in un volume separato che ospita una cappella isolata, come una sorta di appendice al termine della mostra permanente. L’acqua è stata tradotta negli spazi esterni attraverso una serie di vasche d’acqua bassa che uniscono i tre volumi del museo in un unico progetto. Tale soluzione porta ad un’astrazione dei volumi esistenti e di quelli nuovi del museo rispetto al contesto, per fargli assumere il fascino simbolico della cultura che potrà essere visitata al loro interno. Le vasche potranno ospitare sculture di artisti ebrei e allestimenti temporanei per avvicinare al pubblico la cultura ebraica.
La DÀLET La lettera ד è la sesta lettera dell’alfabeto ebraico e significava “PORTA”. Ci è sembrato interessante riferirci a questo ideogramma ebraico per la forma del volume di ingresso del museo, ovvero della “porta” dell’intero progetto. Il prospetto infatti del nuovo volume su via Rampari S.Paolo traduce tale lettera con un volume alto in acciaio inox (il ristorante) sospeso su una lobby trasparente a doppia altezza e con le scale mobili sulla destra. Questa soluzione consente di vedere dalla strada il volume C del museo, il parco con gli spazi d’acqua e il retro. Il museo così non si presenta come un palazzo chiuso con un’unica porta di ingresso, ma come un sistema aperto verso la città. Come i caratteri ebraici, la forma architettonica all’estremità si arrotonda e si deforma, in questo caso a causa delle scale mobili, per evocare il ciuffo di inchiostro che lasciava il pennello, mentre scriveva, al termine della lettera.
LE METAFORE Nel progetto del complesso museale abbiamo utilizzato in varie parti lo strumento della metafora per concretizzare, con forme e materiali, vari concetti e memorie care alla tradizione ebraica: IL DESERTO Davanti al nuovo volume di ingresso su via Rampari sono state previste due vasche riempite di sabbia per evocare il tema del deserto, molto importante nella storia del popolo ebraico. Basti ricordare i quarant’anni trascorsi nel deserto del Sinai in fuga dall’Egitto verso la Terra Promessa. La Sinagoga di Curaçao, edificata nel 1732, dalla comunità degli ebrei portoghesi presenta il pavimento ricoperto di sabbia per rievocare la stessa memoria del deserto. Nel nuovo deserto, ricco di riferimenti e spunti di riflessione, saranno collocate anche 32 fiamme notturne, a ricordare i 32 Sefiroth , che avranno la funzione di illuminare i percorsi di ingresso dei visitatori durante la sera. Arrivando da Via Rampari S.Paolo, ancora prima di percepire la presenza dell’acqua, si scorgerà innanzitutto la sistemazione esterna in sabbia, ai piedi del volume vetrato, elemento d’ ingresso a tutta l’area museale. “Mosè fece levare l’accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Che berremo?». Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova.” (Esodo,15.22)
LE PORTE Nel disegno della sistemazione del parco l’idea di partenza, da cui si genera il progetto, è quella di superare il senso di chiusura e limitazione dello spazio dato dalla presenza dei doppi muri perimetrali, caratteristici del complesso carcerario. La volontà è di aprire lo spazio alla città, attraverso la frammentazione dei muri e l’apertura di passaggi che consentano la fruizione degli spazi esterni tramite percorsi pedonali e nuove visuali. Riteniamo che l’immagine della porta sia ricca di significato e opportuna da collocare all’interno del progetto del museo. Nel salmo 23.7 si legge infatti: « Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche ed entri il re della gloria » A questo scopo, le doppie mura perimetrali sono state tagliate per creare dei percorsi trasversali che consentono facilmente di raggiungere vari punti del museo (sala congressi, mostre temporanee, ingresso via Rampari) da vari punti del parco. Tali passaggi sono caratterizzati dalla presenza di grandi portoni in corten a tutta altezza, fissati al suolo, in parte aggettanti fuori dal muro esterno e in parte interni a seguire l’andamento del percorso. Tali grandi porte rievocano la metafora che l’ebraismo apre le proprie porte alle altre culture e viceversa che le altre culture entrano nel museo a scoprire l’ebraismo.
IL MARE Sui lati lunghi del museo sono stati previsti grandi bacini di acqua bassa per rievocare il tema del mare, così importante nella memoria ebraica. La metafora del mare serve inoltre ad astrarre i nuovi edifici B-D e l’edificio C esistente dal contesto attorno e ad arricchirli del fascino di una mèta da raggiungere attraversando il mare. “Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè.” (Esodo, 14.26)
MATERIALI L’ intero complesso museale è formato da quattro volumi differenti che si distinguono per forma e per materiale, oltre che per la funzione che ospitano. Il primo volume che accoglie il visitatore arrivando da Via Rampari S.Paolo sarà interamente vetrato per tutta la sua parte inferiore, per un altezza di 8m. La scelta del materiale contribuisce a sottolineare l’idea di trasparenza e di permeabilità che si vuole comunicare. Il secondo volume attraverso il quale si passa seguendo il percorso museale sarà il frutto del restauro dell’edificio delle ex carceri, riproponendosi alla città nella sua verità storica, con le facciate in mattoni recuperate grazie al restauro. Il percorso poi prosegue nel nuovo edificio, sorto in sostituzione del vecchio edificio B. Quest’ ultimo sarà rivestito da pannelli in acciaio inoxAISI 316 bombati attraverso uno stampo con varie forme e pattern di facciata, capaci di conferire grande luminosità all’ intero intervento grazie ai giochi di luce che si verificheranno per la riflessione caratteristica del materiale.
Tale soluzione rievoca e reinterpreta le bombature a piramide del Palazzo dei Diamanti di Ferrara di Biagio Rossetti (1493), grande capolavoro del Rinascimento italiano. La stessa soluzione di facciata sarà ripresa anche per rivestire l’ultimo piano del volume d’ingresso, nel quale verrà collocato il ristorante. Sulla sommità del volume B fuoriesce, arretrato della larghezza della rampa di circolazione, il volume interno in cemento armato a vista e tale soluzione riduce l’impatto visivo del volume B sul contesto.
Il museo della parola
IL MUSEO DELLA PAROLA. Il progetto si è posto l’obiettivo di creare un museo della cultura ebraica non incentrato solo sulla drammaticità della Shoah, ma soprattutto su uno spazio espositivo vivace e coinvolgente, che attirasse il visitatore a conoscere e sperimentare il fascino, la bellezza e la tradizione della cultura ebraica sviluppatasi da 5771 anni fa. Alcuni tra i maggiori artisti della storia (da Chagall a Man Ray, da Lichtenstein a Sol LeWitt) sono di origine ebraica, così come alcuni tra i maggiori scrittori (Franz Kafka), registi (Steven Spielberg, Roman Polansky) e quindi questo museo, tra gli spazi permanenti e quelli temporanei potrà ospitare vivaci mostre ed avvenimenti in grado di attirare grandi masse di visitatori, come accade oggi nei musei di Venezia, Firenze e Roma.
Un progetto composto da sistemi indipendenti. Innanzitutto il progetto non ha voluto sviluppare il museo come un edificio chiuso a cui bisogna accedere solo attraverso un ingresso principale. Il progetto prevede la conservazione ed il restauro del corpo C, come richiesto dal bando di concorso e specificato dal documento DIP, la sostituzione dell’edificio B con un altro di nuova costruzione e la costruzione di un nuovo volume lungo Via Rampari S.Paolo. Il Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah di Ferrara nella sua complessità risulta così costituito dall’insieme di tre volumi di cui due di nuova costruzione e uno frutto del restauro delle vecchie carceri. L’obiettivo è stato di aprire il progetto alla città e di permettere di utilizzarlo ogni giorno in vario modo, non soltanto per vedere tutto il museo, ovvero: 1. Visitare il parco A questo scopo le mura perimetrali sono state aperte lateralmente, sul fronte principale e le fasce verdi laterali sono state fuse con le ex-carceri per far nascere un nuovo parco urbano che i cittadini di Ferrara e i visitatori potranno utilizzare in qualsiasi momento della giornata per fare una passeggiata, anche senza visitare il museo. Ciò trasformerà il museo in un ambiente urbano utilizzato quotidianamente dai cittadini e li avvicinerà con interesse e curiosità alla cultura ebraica. Dal momento che i ferraresi fanno grande utilizzo della bicicletta per muoversi, sono state previste due piste ciclabili per attraversare l’area da via Piangipane a via Rampari. 2. Conferenze I passaggi sull’acqua previsti nel parco consentono di accedere in modo indipendente a vari punti del progetto. Il nuovo volume B contiene la sala congressi al piano terra e vi si può accedere direttamente dal parco solo per sentire una conferenza senza entrare nel museo.
3. Ristorante Il ristorante è stato posto sopra il volume di ingresso da via Rampari in modo da essere accessibile anche quando il museo è chiuso fino a tarda sera per cene e ricevimenti. 4. Biblioteca La biblioteca del centro di cultura ebraica è accessibile direttamente dall’ingresso da via Rampari e consentirà a studiosi e ricercatori di accedervi direttamente, senza passare nel percorso espositivo ai piani superiori. 5. Mostre temporanee Il nuovo volume B contiene le mostre temporanee all’ultimo piano e vi si può accedere direttamente dal parco per visitare solo la mostra temporanea e non tutto il percorso espositivo. 6. Il Museo La visita completa di tutto il museo avviene dall’ingresso da via Rampari S.Paolo, come a seguito descritto.
Questa flessibilità di utilizzo deriva dall’apertura del museo al contesto intorno e consentirà di vivere l’impianto in vario modo senza vincoli monofunzionali. Ciò consentirà anche di far svolgere varie attività contemporaneamente, per es. una conferenza, senza disturbarsi a vicenda.
Il MUSEO DELLA PAROLA I volumi e le forme nuove di questo progetto prendono forma dalla profonda ricerca condotta sull’alfabeto ebraico e sulla cabala, partendo dal concetto che secondo la cabala ebraica il mondo è stato costruito con i 32 Sephiroth, cioè le 22 lettere dell’alfabeto e i 10 numeri. La cultura ebraica non utilizza la rappresentazione figurativa nell’arte perché costituirebbe idolatria e quindi le forme e le immagini della tradizione ebraica si concretizzano da generazioni principalmente nelle lettere dell’alfabeto. Il progetto ha scelto allora di svilupparsi interpretando nei due nuovi volumi le seguenti lettere dell’alfabeto ebraico: la lettera מ (MÊM da cui si ricava la parola “ACQUA”) e la lettera ד (DÀLET da cui si ricava la parola “PORTA”).
La MÊM La lettera מ è la tredicesima lettera dell’ alfabeto ebraico. Con una MÊM inizia il termine màyim, e pertanto questa lettera simboleggia tutto quello che con l’acqua è connesso: i quaranta gironi del diluvio universale, il fiume, il fiume sotterraneo. Ci richiama anche il versetto: “E lo spirito divino aleggiava sulla superficie di tutte le acque” (Bereshìt,1.2). Non per nulla la forma stessa di questa lettera riecheggia il carattere tondeggiante dell’acqua. Il nuovo volume B è stato progettato riprendendo l’andamento della lettera MÊM. Il suo andamento si è tradotto in un volume asimmetrico, caratterizzato da un grande open space centrale per l’esposizione museale e da una lunga rampa curvilinea perimetrale che accompagna il flusso dei visitatori ai vari livelli del museo. Il percorso del museo si trasforma dal secondo piano in una spirale discendente verso la sala conferenze al piano terra. L’appendice a sinistra del carattere MÊM è stata tradotta in un volume separato che ospita una cappella isolata, come una sorta di appendice al termine della mostra permanente. L’acqua è stata tradotta negli spazi esterni attraverso una serie di vasche d’acqua bassa che uniscono i tre volumi del museo in un unico progetto. Tale soluzione porta ad un’astrazione dei volumi esistenti e di quelli nuovi del museo rispetto al contesto, per fargli assumere il fascino simbolico della cultura che potrà essere visitata al loro interno. Le vasche potranno ospitare sculture di artisti ebrei e allestimenti temporanei per avvicinare al pubblico la cultura ebraica.
La DÀLET La lettera ד è la sesta lettera dell’alfabeto ebraico e significava “PORTA”. Ci è sembrato interessante riferirci a questo ideogramma ebraico per la forma del volume di ingresso del museo, ovvero della “porta” dell’intero progetto. Il prospetto infatti del nuovo volume su via Rampari S.Paolo traduce tale lettera con un volume alto in acciaio inox (il ristorante) sospeso su una lobby trasparente a doppia altezza e con le scale mobili sulla destra. Questa soluzione consente di vedere dalla strada il volume C del museo, il parco con gli spazi d’acqua e il retro. Il museo così non si presenta come un palazzo chiuso con un’unica porta di ingresso, ma come un sistema aperto verso la città. Come i caratteri ebraici, la forma architettonica all’estremità si arrotonda e si deforma, in questo caso a causa delle scale mobili, per evocare il ciuffo di inchiostro che lasciava il pennello, mentre scriveva, al termine della lettera.
LE METAFORE Nel progetto del complesso museale abbiamo utilizzato in varie parti lo strumento della metafora per concretizzare, con forme e materiali, vari concetti e memorie care alla tradizione ebraica: IL DESERTO Davanti al nuovo volume di ingresso su via Rampari sono state previste due vasche riempite di sabbia per evocare il tema del deserto, molto importante nella storia del popolo ebraico. Basti ricordare i quarant’anni trascorsi nel deserto del Sinai in fuga dall’Egitto verso la Terra Promessa. La Sinagoga di Curaçao, edificata nel 1732, dalla comunità degli ebrei portoghesi presenta il pavimento ricoperto di sabbia per rievocare la stessa memoria del deserto. Nel nuovo deserto, ricco di riferimenti e spunti di riflessione, saranno collocate anche 32 fiamme notturne, a ricordare i 32 Sefiroth , che avranno la funzione di illuminare i percorsi di ingresso dei visitatori durante la sera. Arrivando da Via Rampari S.Paolo, ancora prima di percepire la presenza dell’acqua, si scorgerà innanzitutto la sistemazione esterna in sabbia, ai piedi del volume vetrato, elemento d’ ingresso a tutta l’area museale. “Mosè fece levare l’accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Che berremo?». Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova.” (Esodo,15.22)
LE PORTE Nel disegno della sistemazione del parco l’idea di partenza, da cui si genera il progetto, è quella di superare il senso di chiusura e limitazione dello spazio dato dalla presenza dei doppi muri perimetrali, caratteristici del complesso carcerario. La volontà è di aprire lo spazio alla città, attraverso la frammentazione dei muri e l’apertura di passaggi che consentano la fruizione degli spazi esterni tramite percorsi pedonali e nuove visuali. Riteniamo che l’immagine della porta sia ricca di significato e opportuna da collocare all’interno del progetto del museo. Nel salmo 23.7 si legge infatti: « Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche ed entri il re della gloria » A questo scopo, le doppie mura perimetrali sono state tagliate per creare dei percorsi trasversali che consentono facilmente di raggiungere vari punti del museo (sala congressi, mostre temporanee, ingresso via Rampari) da vari punti del parco. Tali passaggi sono caratterizzati dalla presenza di grandi portoni in corten a tutta altezza, fissati al suolo, in parte aggettanti fuori dal muro esterno e in parte interni a seguire l’andamento del percorso. Tali grandi porte rievocano la metafora che l’ebraismo apre le proprie porte alle altre culture e viceversa che le altre culture entrano nel museo a scoprire l’ebraismo.
IL MARE Sui lati lunghi del museo sono stati previsti grandi bacini di acqua bassa per rievocare il tema del mare, così importante nella memoria ebraica. La metafora del mare serve inoltre ad astrarre i nuovi edifici B-D e l’edificio C esistente dal contesto attorno e ad arricchirli del fascino di una mèta da raggiungere attraversando il mare. “Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè.” (Esodo, 14.26)
MATERIALI L’ intero complesso museale è formato da quattro volumi differenti che si distinguono per forma e per materiale, oltre che per la funzione che ospitano. Il primo volume che accoglie il visitatore arrivando da Via Rampari S.Paolo sarà interamente vetrato per tutta la sua parte inferiore, per un altezza di 8m. La scelta del materiale contribuisce a sottolineare l’idea di trasparenza e di permeabilità che si vuole comunicare. Il secondo volume attraverso il quale si passa seguendo il percorso museale sarà il frutto del restauro dell’edificio delle ex carceri, riproponendosi alla città nella sua verità storica, con le facciate in mattoni recuperate grazie al restauro. Il percorso poi prosegue nel nuovo edificio, sorto in sostituzione del vecchio edificio B. Quest’ ultimo sarà rivestito da pannelli in acciaio inoxAISI 316 bombati attraverso uno stampo con varie forme e pattern di facciata, capaci di conferire grande luminosità all’ intero intervento grazie ai giochi di luce che si verificheranno per la riflessione caratteristica del materiale.
Tale soluzione rievoca e reinterpreta le bombature a piramide del Palazzo dei Diamanti di Ferrara di Biagio Rossetti (1493), grande capolavoro del Rinascimento italiano. La stessa soluzione di facciata sarà ripresa anche per rivestire l’ultimo piano del volume d’ingresso, nel quale verrà collocato il ristorante. Sulla sommità del volume B fuoriesce, arretrato della larghezza della rampa di circolazione, il volume interno in cemento armato a vista e tale soluzione riduce l’impatto visivo del volume B sul contesto.